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Nascita della gastronomia moderna
Oggi più che mai la gastronomia è sulla bocca di tutti. Il semiologo Gianfranco Marrone ha utilizzato il termine “gastromania” per riferirsi all’ossessione contemporanea nei confronti di tutto ciò che riguarda cibo, cucina e ristorazione. Ne sono una prova il moltiplicarsi dei programmi tv sull’argomento, così come le pubblicazioni e le ricerche sul tema. In quest’articolo cercheremo di risalire alle origini di questa disciplina, soffermandoci su quello che è universalmente riconosciuto come il testo da cui tutto ha avuto inizio.
Rivoluzione francese e ristorazione
La rivoluzione francese del 1789, oltre ad aver decretato la fine dell’ancien régime e l’inizio dell’era moderna, è stata determinante per la nascita della ristorazione. Con il decadimento della vecchia aristocrazia, moltissimi cuochi e servitori di corte si ritrovano senza lavoro e dovettero reinventarsi. Iniziano così a diffondersi i primi ristoranti che, immediatamente, riscuotono un enorme successo. Già nel 1804, infatti, il numero dei ristoranti nella capitale francese era quintuplicato rispetto al periodo prerivoluzionario; nel 1825 raggiunse e superò quota mille; cifra più che raddoppiata nemmeno dieci anni dopo, nel 1834. A contribuire alla celebrità di chef e ristoratori, l’affermarsi della gastronomia (dal greco, letteralmente “legge del ventre”) una disciplina nuova che si occupa, con rigore scientifico, dei fatti dell’alimentazione. Nasce, così, una letteratura gastronomica che vede tra i suoi padri fondatori Alexandre Balthazar Laurent Grimod de la Reynière e Jean-Anthelme Brillat-Savarin. Il primo, un avvocato dai gusti raffinati che con il suo Almanach des Gourmands recensisce, per diversi anni, i ristoranti parigini; il secondo, invece, un magistrato e un raffinato gourmet, a cui dobbiamo l’intramontabile Fisiologia del gusto, testo imprescindibile per qualsiasi buongustaio, come vedremo a breve.
Gourmand o gourmet?
Prima di proseguire, però, è necessario chiarire alcuni termini di origine francese, di cui non è (forse) immediatamente chiara la differenza. Gourmet e gourmand, sebbene abbiano la medesima radice etimologica e vengano generalmente tradotti in italiano con “buongustaio” hanno, in realtà, significati ben differenti. Gianluca Biscalchin, nella prefazione del suo Prêt-à-gourmet, scrive a proposito di gourmand e gourmet che «il primo è un mangiatore compulsivo che gode ingurgitando cibo. Il secondo un fine conoscitore che riflette e attiva il giudizio critico mentre porta la forchetta alla bocca». Parallelamente, si distinguerà tra gourmandise (parzialmente traducibile con “buongusto”) e ghiottoneria. È lo stesso Brillat-Savarin, lamentando l’inesattezza dei vocabolari del suo tempo, a darcene una definizione dicendo che «la gourmandise è una preferenza appassionata, ragionata e abituale per tutto ciò che è gradevole al palato». Di conseguenza, quindi, possiamo affermare che il gourmet, non è soltanto qualcuno “a cui piace mangiare” né un semplice “amante della buona cucina”, ma anche e soprattutto colui il quale possiede le più disparate conoscenze in ambito gastronomico, dalla provenienza e stagionalità delle materie prime alle diverse tecniche di lavorazione, manipolazione e preparazione possibili.
La rivoluzionaria Fisiologia del gusto
Sovente, nella storia, è capitato che un’opera superasse di gran lunga le aspettative del proprio autore. È il caso della Fisiologia del gusto, o meditazioni di gastronomia trascendentale di Jean-Anthelme Brillat-Savarin, pietra miliare della gastronomia moderna che, dopo una lunga gestazione e vicende editoriali altrettanto travagliate, ha definitivamente modificato il nostro modo di approcciarci alle scienze gastronomiche definendo la gastronomia come «la conoscenza ragionata di tutto ciò che si riferisce all’uomo in quanto egli si nutre».
Struttura e contenuto
Nel 1825 viene data alle stampe la prima edizione della Fisiologia del gusto, opera destinata a diventare un classico della gastronomia mondiale, rimanendo per oltre due secoli uno dei libri più letti sull’argomento. Il testo è una riflessione sui principi generali della gastronomia – parola oggi abusata ma che, ai tempi del nostro gourmet, era appena entrata nel vocabolario comune. Il libro, oltre a contenere aforismi, definizioni e aneddoti di vita personale dell’autore, contiene anche riflessioni rigorose e accurate, utili a inquadrare il campo d’indagine della nascente pratica gastronomica. Lo stile di scrittura, unico e coinvolgente, è senza dubbio uno degli aspetti più “succulenti” del testo, testimonianza del genere eroicomico, oggi del tutto scomparso. Ed è proprio questo particolarissimo modo di scrivere che fa scrivere a Jean Francois Revel che «lo stile amabile fa della Fisiologia del gusto molto più di un documento storico» poiché, dalla lettura di queste pagine, si ha «la decolpevolizzazione dell’Epicuro moderno» e il definitivo sdoganamento di quelli che oggi chiameremmo foodie.
Identikit dell’autore
Nonostante lo stile composito dell’opera – che Honoré de Balzac definì “un minestrone” – o forse proprio grazie a ciò, Brillat-Savarin conobbe una fama secolare proprio con l’ultima pubblicazione della sua vita, dal momento che morì pochi mesi dopo averla data alle stampe. L’autore vestì panni diversi: fu avvocato, giudice, politico, ufficiale dell’esercito, esule, professore di francese e musicista, ma mai cuoco. Eppure, la sua passione per la cucina lo portò a lavorare per diversi anni a quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, tanto da oscurare i suoi scritti precedenti di argomento economico-politico e giuridico. Al tempo in cui Brillat-Savarin scrive, gastronomia è un termine nuovo, scarsamente diffuso. Basti pensare che fa la sua comparsa in un titolo soltanto nel 1801, e si tratta di un poema francese di Joseph de Berchoux: La Gastronomie ou L’homme des champs à table. Si noti, di passaggio, l’accostamento fra «uomo dei campi» e tavola, a rimarcare il legame tra lavoro agricolo e pratiche alimentari. Un semplice divertissement all’inizio, un passatempo leggero da condividere con gli amici durante le serate conviviali e che, nonostante la diffidenza degli editori, fu autopubblicato nel 1825, a spese dello stesso autore e a firma anonima, probabilmente per non dare scandalo. Il testo piacque tanto che l’identità dell’autore non tardò molto ad essere scoperta, e la Fisiologia del gusto divenne ben presto un best seller internazionale.