TFR for dummies

TFR. Una strana sigla che sta a indicare il Trattamento di Fine Rapporto: un vero e proprio "tesoretto" di cui vale la pena capire che farne. Dal 2005, infatti, la scelta è duplice: lasciarlo in azienda o destinarlo alla previdenza complementare? Cos'è meglio fare? Scopriamolo assieme!
TFR for dummies

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A tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici, prima o poi, sarà capitato di sentir parlare di TFR. Una strana sigla che sta a indicare il Trattamento di Fine Rapporto (noto, ai più semplicemente, come "liquidazione"): un vero e proprio "tesoretto" di cui vale la pena capire che farne. Dal 2005, infatti, la scelta è demandata al dipendente che può optare tra due soluzioni: lasciare il TFR in azienda o destinarlo alla previdenza complementare. Cosa cambia tra le due soluzioni? Scopriamolo assieme!


Cos'è e come funziona il TFR

Partiamo da una definizione: il TFR (ossia Trattamento di Fine Rapporto) corrisponde a una parte della retribuzione del lavoratore dipendente che viene accantonata mensilmente da parte del datore di lavoro e che viene poi erogata alla cessazione del rapporto lavorativo. Un vero e proprio "tesoretto" che può raggiungere cifre ragguardevoli dal momento che la somma accantonata annualmente è pari al 7,41% della retribuzione lorda annua – a cui va sottratto lo 0,5%, da versare obbligatoriamente al Fondo Pensioni dell'INPS come "miglioramento" pensionistico.

Con il decreto num. 252 del 2005 si è deciso che il TFR, oltreché essere lasciato in azienda, potrà essere destinato a una qualche forma pensionistica complementare, a discrezione dei lavoratori e delle lavoratrici. Colui o colei che ne abbia intenzione, infatti, può decidere, dandone comunicazione all'azienda entro sei mesi dall’assunzione, che fare del proprio TFR, optando tra due modalità:

  • Lasciare il TFR in azienda e ritirarlo, pertanto, al termine del rapporto di lavoro, come una sorta di liquidazione;
  • Far confluire il TFR in un fondo pensione, così da investirlo e integrare il trattamento pensionistico standard.

Vediamo ora pro e contro di entrambe le soluzioni, così da cercare di fare chiarezza su una questione di cui non si parla molto, ma che può fare davvero la differenza nella vita di un lavoratore o di una lavoratrice.

Lasciare il TFR in azienda: pro e contro

Per quanto riguarda la scelta di lasciare il TFR in azienda, questa è la scelta più vantaggiosa se si considerano alcuni aspetti quali i costi e la restituzione. Parlando di costi, lasciandolo in azienda va da sé che non ve ne siano, diversamente dal destinarlo alla previdenza complementare che implica commissioni variabili a seconda delle tariffe sottoscritte.

Altro aspetto da considerare ha a che fare con la restituzione del proprio TFR che, se lasciato in azienda, verrà corrisposto interamente sotto forma di capitale al momento della cessazione del rapporto di lavoro; se destinato alla previdenza complementare, invece, potrà essere ritirato soltanto al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento, e soltanto il 50% subito, mentre il restante sotto forma di rendita (fatta eccezione di alcune situazioni particolari).

TFR e previdenza complementare: pro e contro

D'altra parte, decidere di destinare il proprio TFR a una qualche forma di previdenza complementare è altresì un'ottima opzione, sotto diversi punti di vista. Oltre all'ovvio vantaggio di integrare il trattamento pensionistico, scegliere questa via ne offre diversi altri, quali:

  • Le anticipazioni. Se si decide di lasciare il TFR in azienda sarà possibile chiederne un anticipo soltanto dopo otto anni, per un massimo del 70% del totale ed esclusivamente per spese sanitarie, o per spese di acquisto/ristrutturazione della prima casa. Destinandolo alla previdenza complementare sarà, invece, possibile richiederne fin da subito fino al 75% per le spese mediche e fino al 30% per qualsiasi altro motivo, mentre per l'acquisto o la ristrutturazione della prima casa rimane la possibilità di richiederne una parte (fino al 75%, però) solo dopo otto anni.
  • La tassazione. Lasciandolo in azienda, sull'intero ammontare del TFR si applica l’aliquota media IRPEF degli ultimi 5 anni (che oscilla dal 23% al 43%). Con la previdenza complementare l'aliquota applicata varia dal 9% al 15% massimo – a seconda degli anni di permanenza nel fondo – in caso di pensionamento, anticipazioni sanitarie o riscatto di disoccupazione, mentre tutte le altre anticipazioni sono tassate al 23% fisso.
  • Il contributo aggiuntivo. Se, poi, si decide esplicitamente di aderire a uno dei fondi pensione negoziali ad adesione collettiva (così come sono, ad esempio, il Cometa per i lavoratori metalmeccanici o il Fonchim per i chimici) ciò permette, oltre al versamento del TFR, di ottenere un contributo extra, generalmente attorno all’1% della retribuzione lorda annua.

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