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Fast food vs. ristoranti veg, discount vs. supermercati bio: mangiare è una questione di status (e di portafoglio). Ma sarà davvero così? Che mangiare in maniera corretta, sana ed equilibrata non sia alla portata di tutti è credenza comune e diffusa, ma del tutto errata. Certo, inflazione e calo del potere d'acquisto hanno determinato un aumento generale dei prezzi, beni primari compresi, ma ciò non toglie che mangiare in maniera sostenibile (in senso ambientale, sociale ed economico), non sia appannaggio esclusivo dei ricchi e, anzi, dipenda dal livello di consapevolezza del singolo consumatore.
Economici, ma non troppo
Che mangiare bene sia roba da ricchi è un luogo comune diffuso, complici i supermercati bio e le boutique di healthy food che abbiamo visto moltiplicarsi nelle nostre città. Eppure, mangiare sano non significa spendere due-tre volte tanto per ciò che si mette a tavola, ma ha piuttosto a che fare con l'educazione e la consapevolezza di chi fa la spesa. Spesso, infatti, a mangiare cibo scadente e dallo scarso potere nutrizionale sono coloro meno attenti all'apporto calorico dei cibi, che prediligono alimenti pronti e confezionati, bibite e snack, attratti da un basso costo unitario che, a conti fatti, risulta però ingannevole.
Prendiamo della semplice insalata, un prodotto generalmente economico, il cui costo al chilo cresce esponenzialmente se si sceglie quella in busta, tagliata e lavata, per non parlare di tutta la plastica inutile che viene prodotta e dei rischi di proliferazione batteriologica sempre presenti nei prodotti ortofrutticoli commercialmente detti “di quarta gamma”, come il richiamo per rischio listeria che ha recentemente coinvolto oltre venti marchi di insalata in busta.
Merendine, snack e bibite, poi, seducono con prezzi vantaggiosi, ma sono alimenti del tutto inutili da un punto di vista nutrizionale, ricchi in calorie e dallo scarso potere saziante. Prezzo che scenderebbe vertiginosamente se quei biscotti, anziché dallo scaffale di un supermercato, venissero preparati in casa, guadagnandoci altresì in gusto e salubrità.
I costi nascosti del “sottocosto”
D'altra parte, alcuni prodotti sono naturalmente più cari, come la carne, perciò si approfitta delle offerte apparentemente convenienti che la GDO ci propina. Eppure, quei prezzi tanto bassi celano gli elevati costi ambientali (consumo di suolo e acqua, emissioni di gas serra, sovrapproduzione di scarti ecc.) che gli allevamenti intensivi comportano. Così, siamo portati a consumare molta più carne di quella che dovremmo, a discapito di verdure fresche e legumi, e per giunta carne di bassa qualità e proveniente da filiere produttive altamente impattanti.
Stesso discorso vale per i prodotti ortofrutticoli trasformati– come succhi di frutta, marmellate e simili– che costano generalmente molto poco, ma che, guardando bene l'etichetta, contengono bassissime percentuali di frutta (prodotta secondo metodologie discutibili), in favore di zuccheri, conservanti e coloranti di ogni sorta. Inoltre, accanto ai costi ambientali, i prodotti sottocosto implicano necessariamente costi sociali rilevanti: dai lavoratori agricoli sottopagati e, spesso, privi di tutele contrattuali fino ai produttori stessi, costretti a svendere i loro prodotti per non dover, come talvolta accade, buttarli via.
Pianificazione e risparmio
A incidere notevolmente sulla spesa settimanale, poi, pesa una generale mancanza di organizzazione. È quantomeno curioso pensare che la maggior parte di noi dedica pochissimo tempo a programmare quelle che mangerà e, quindi, a fare acquisti mirati e intelligenti. La maggior parte di noi, infatti, si reca al supermercato nei ritagli di tempo, con l'obiettivo di accaparrarsi quanto più cibo possibile con la minor spesa, senza avere contezza di ciò che sta acquistando. Ma quantità e qualità, si sa, non vanno quasi mai di pari passo, e il rischio di comprare più cibo di quanto in realtà se ne consumi è sempre dietro l'angolo, come confermano i dati che parlano di circa 20 chilogrammi di cibo pro capite (pressappoco 200€) sprecato annualmente in Italia.
Per evitare tutto questo si possono mettere in pratica alcune accortezze, quali: pianificare il menù settimanale, tenendo conto degli impegni famigliari e di quanti pasti si consumeranno effettivamente; aver chiaro quanto cibo acquistare e non eccedere, sfruttando il 100% di ciò che si acquista, anche bucce, gambi, quinto quarto e tutto ciò generalmente considerato “scarto”; non fare mai la spesa a stomaco vuoto poiché, con la fame, è facile fare acquisti d'impulso, scegliere cibi poco sani e in quantità eccessive; imparare a riconoscere se un alimento è ancora buono, per evitare sprechi inutili, e comprendere la differenza tra “da consumarsi entro il” e “da consumarsi preferibilmente entro il”.
5 consigli per una spesa conveniente e sana
In conclusione, alcuni piccoli consigli d'acquisti per un spesa alimentare che faccia bene alla salute, al portafoglio e all'ambiente, in linea con i consigli dei nutrizionisti secondo cui è bene preferire un'alimentazione vegetale, riducendo il consumo di carne e di alimenti altamente processati, così come bevande zuccherate e cibi ipercalorici. I 5 consigli per una spesa conveniente e sana prevedono di:
- Prediligere frutta e verdura fresca e di stagione che, a differenza dei vegetali coltivati in serra, hanno un costo decisamente più basso, un gusto migliore e un minore impatto ambientale;
- Evitare cibi confezionati che, rispetto alle loro alternative “fatte in casa”, hanno un prezzo al chilo più alto e una qualità decisamente inferiore sotto tutti i punti di vista;
- Bere acqua anziché bibite e succhi di frutta industriali ricchi di zuccheri e coloranti, privi di qualsivoglia beneficio nutrizionale, e limitare il consumo di alcolici;
- Ridurre il consumo di carni lavorate e piatti pronti, in favore di legumi e vegetali, così da ridurre sensibilmente la spesa settimanale, generando un risparmio che può essere destinato a un consumo moderato di tagli di qualità superiore;
- Eliminare gli alimenti altamente calorici, quali snack e patatine, che non hanno alcun potere saziante che, in fin dei conti, consente di mangiare di più e ingrassare meno, guadagnandoci in salute.