Ristoranti zero-waste: quando il fine dining è davvero sostenibile

Chef e imprenditori hanno scelto la filosofia zero waste per dimostrare che un'industria alimentare sostenibile è anche finanziariamente sostenibile.
hands holding leaf and soil
Unsplash - Noah Buscher

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Come scrivevamo già in questo nostro articolo sulla svolta green dei ristoranti, sempre di più la sostenibilità sta diventando un imperativo nella gastronomia contemporanea. Molti ristoranti infatti si stanno impegnando per adottare pratiche che permettano loro di ridurre il più possibile l’impatto ambientale.

Un approccio interessante sia da un punto di vista della sostenibilità che della ricerca culinaria è quello della filosofia “zero waste” (zero sprechi) che spinge sempre più chef e imprenditori a esplorare metodi innovativi per trasformare gli scarti in piatti d'autore e a sviluppare attività virtuose in termini ambientali.

La filosofia dello "zero waste"

L'approccio "zero waste" si basa su un concetto semplice: ridurre al minimo gli sprechi coinvolgendo l'intera catena di approvvigionamento, dall'origine dei prodotti fino al loro utilizzo e smaltimento. I ristoranti e gli chef che adottano questa filosofia puntano a:

  • Valorizzare gli scarti alimentari
  • Utilizzare ingredienti locali e stagionali 
  • Collaborare con progetti di sensibilizzazione per promuovere abitudini più sostenibili
  • Scegliere produttori locali e appoggiarsi a filiere controllate
  • Investire in progetti architettonici e di design che utilizzino materie prime derivate da processi di riutilizzo e riciclo

È un modo di pensare che vuole abbracciare l'intero ciclo di vita degli ingredienti, dalla produzione alla tavola e che mira ad adottare pratiche consapevoli dal punto di vista ambientale che interessano ogni aspetto dell'attività: dall'arredo dei locali e le stoviglie utilizzate alle politiche di smaltimento degli eventuali rifiuti o riciclo degli stessi.

In cucina poi l'obiettivo non è solo ridurre gli sprechi, ma re-immaginare il concetto di "scarto", valorizzandolo come risorsa creativa e funzionale. Douglas McMaster di Silo in un’intervista per Tuorlo (che trovate qui) porta questo concetto all’estremo, per lui infatti non si tratta di cucinare con gli “scarti” ma semplicemente di utilizzare e valorizzare il prodotto nella sua interezza.

Ogni realtà applica poi questa filosofia in modi differenti ma ognuna ha l'obiettivo di dimostrare che un'industria alimentare sostenibile è anche finanziariamente sostenibile. Qui vi raccontiamo alcuni dei progetti più interessanti in giro per il mondo.

Ristoranti e progetti zero waste nel mondo

  • Nolla, Helsinki: Aperto a Helsinki nel 2019 da Carlos Henriques, Albert Franch Sunyer e Luka Balac, Nolla (che in finlandese vuol dire proprio zero) è il primo ristorante «zero waste» della penisola scandinava. Fin dall'inizio l'impegno è stato quello di ridurre, riutilizzare e, come ultima risorsa, riciclare. In cucina, Nolla ha deciso di non creare scarti dal cibo e di rinunciare completamente alla plastica. La filosofia si applica poi a tutti gli aspetti dell'attività: le divise sono state cucite da vecchie lenzuola, le bottiglie di vino vuote vengono trasformate in bicchieri, i tovaglioli sono fatti usando fibre proveniente da bottiglie di plastica riciclate. Ogni ingrediente del menù viene usato completamente e il poco che rimane viene compostato e distribuito come fertilizzante agli agricoltori locali.
  • Silo, Londra: L'idea di Silo nasce in Australia nel 2011 quando l'artista Jon Bakker teorizza la possibilità di non produrre rifiuti (con il concetto del "not having a bin"). È con questo obiettivo che Douglas McMaster proprietario e chef del Silo costruisce la sua attività e la porta a Londra nell'ottobre del 2019. Tutto quello che è sul menu viene realizzato partendo dagli ingredienti nella loro interezza, preservandone l'integrità ed evitando l'iper processazione. Il ristorante ha un suo mulino che trasforma in farina alcune antiche varietà di grano. Il Silo produce il suo burro, sgrana direttamente la sua avena e sostiene la filosofia "from roots to leaf" che significa che se un animale muore o un ortaggio viene raccolto, tutto il suo potenziale verrà rispettosamente massimizzato. Il concetto zero-waste non potrebbe esistere senza una rete di fornitori che condividono gli obiettivi di McMaster e della sua brigata, così tutti i prodotti consegnati al ristorante arrivano in contenitori riutilizzabili e restituibili. I fornitori di Silo poi, nella zona, sono i migliori in termini di agricoltura rigenerativa e produzione nel massimo rispetto della biodiversità. I mobili e gli arredi della sala nascono dal desiderio di riutilizzare, scegliendo l'up-cycling prima del riciclo. Materiali che altrimenti sarebbero andati sprecati vengono lavorati per trasformarsi in oggetti di design che siano esteticamente d'impatto e funzionali. I piatti sono ricavati da sacchetti di plastica e i tavoli da imballaggi alimentari ricostituiti, il pavimento e il soffitto sono rispettivamente di sughero e lana di pecora.
    Anche con le migliori intenzioni nessun ristorante riesce ad essere veramente al 100% a zero rifiuti. Lo 0,1% della produzione che non può essere fermentato, riciclato, compostato o riciclato è stato ribattezzato “alien waste”. Silo conserva il 100% dei suoi rifiuti alieni e in 18 mesi, si legge sul loro sito, hanno accumulato e compattato giusto un cubo blu di circa 10cmX10cm.
Chef Douglas McMaster con un cesto di ortaggi
Chef Douglas McMaster
  • Pizza 4P, Phon Peng: La pizza cotta nel forno a legna è entrata nel mercato del Sudest Asiatico nel 2011, quando l’imprenditore Yosuke Masuko ha aperto in Vietnam il primo Pizza 4P’s. Sin dall'inizio, e dal nome stesso (Pizza 4P sta per Pizza For Peace), l'idea è quella di creare una realtà sostenibile che rispetti i territori in cui opera e che, attraverso il cibo, contribuisca al benessere e alla serenità delle persone. Nel 2022, con l'apertura a Phon Peng in Cambogia, Masuko e il suo staff hanno provato ad adattare alla dimensione del franchising la filosofia zero waste. Qui ogni elemento, dagli interni al cibo, è concepito per eliminare i rifiuti e ridurre l’impatto ambientale. Ogni dettaglio nasce dal riuso di materiali di scarto, arredi, complementi per la tavole e il bancone del bar sono stati prodotti riciclando tre tonnellate di plastica e oltre 200 bottiglie di vetro vuote sono state trasformate in ciotole e bicchieri. La struttura è stata realizzata con pali di metallo provenienti da demolizioni e pannelli in legno di recupero. Da Pizza 4P’s “reduce – reuse – recycle” vale anche a tavola, dove tutti gli avanzi sono riutilizzati in ottica circolare.
  • Rito, Stiffe: Formatesi nella cucina del londinese Silo, Claire Staroccia e Dan Gibeon hanno fatto propri gli insegnamenti di McMaster proponendo ai commensali di Rito, un tavolo condiviso da otto posti nell'entroterra abruzzese, tre volte a settimana a pranzo e a cena, un menu che segue la stagionalità e glorifica le prelibatezze regionali. Inizialmente solo forno, ora home kitchen zero waste, Rito è un progetto piccolo ma ben radicato nel territorio. Dal 2024 c'è anche Rurale un mercato di piccole produzioni artigianali con cucina che vuole facilitare l'incontro tra consumatori e produttori della zona.
Claire Staroccia e Dan Gibeon di Rito a Stiffe
Claire Staroccia e Dan Gibeon di Rito a Stiffe, Abruzzo PH Julian Manuel Ferri (credits Cibo Today)
  • Horto, Milano: stella verde e rossa per una realtà fortemente innovativa nel cuore di Milano. In cucina solo materie prime da produttori locali che distano al massimo un’ora dal ristorante, una cucina 100% no-waste attraverso fermentazioni, garum, disidratazioni e compostaggio, pesce esclusivamente di lago, acqua affinata e non imbottigliata, interni realizzati con materiali di recupero, divise prodotte da aziende emergenti e chiusura domenicale nel rispetto del tempo etico delle persone.

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