Ristorazione e inclusione sociale

L'inclusione sociale e l'inserimento lavorativo di persone con qualche fragilità passa anche per il settore HoReCa. Scopriamo alcune delle realtà più interessanti del panorama italiano.
ragazzi vestiti da cuochi e camerieri che si abbracciano

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Lo chef Massimo Bottura in uno dei suoi refettori sociali.

Quando i ristoranti aprono a tutti

Fino a qualche anno fa, si pensava all’inclusione sociale in chiave di tutela, cura e integrazione di tutte quelle persone classificate come “deboli” o “svantaggiate”, quali diversamente abili e minoranze etnico-religiose. Fortunatamente, oggi le cose sono parecchio cambiate e, sebbene siamo ancora lontani da una società pienamente inclusiva e attenta alle esigenze di tutti e tutte, diverso è il modo in cui l'inclusività viene intesa.

Da un atteggiamento paternalistico si è arrivati all'idea secondo cui inclusione significa valorizzazione delle differenze e creazione di realtà che siano in grado di fare proprie le specificità di ognuno, creando qualcosa di unico e innovativo. Non si mira più alla realizzazione di spazi esclusivi, ossia che guardano alle esigenze di pochi, ma si tratta di convogliare queste medesime istanze in progetti autenticamente inclusivi che, a partire dalle peculiari necessità di certe minoranze, riescano a elaborare soluzioni vantaggiose per la collettività tutta. 

In tal senso, inclusività non fa riferimento soltanto alla questione del cosiddetto “politicamente corretto” e ad altre chiacchiere mainstream, bensì indica un radicale cambio di paradigma che deve attraversare trasversalmente tutte i contesti – sia pubblici che privati – arrivando a modificare dall'interno organizzazione e modalità di lavoro, pratiche e spazi, al fine di valorizzare le differenze individuali anziché tentare di “correggerle” o, peggio, nasconderle. 

A tal proposito, vediamo alcuni interessantissimi progetti in cui la diversità è centrale nella creazione di un ambiente sano e privo di pregiudizi in cui il cibo, oltre che nutrire il corpo, nutre anche l'anima delle persone, facendole sentire come parte attiva e integrante della società. 

Dai refettori di Bottura ad I'm cooking 

Tra le realtà più note, troviamo i Refettori ideati dallo chef pluristellato Massimo Bottura e dalla moglie Lara Gilmore. Dimenticatevi delle (spesso) squallide “mense per i poveri” poiché in questo caso siamo di fronte a dei veri propri laboratori gastronomici in cui, attraverso il recupero e la trasformazione di ingredienti che sarebbero andati sprecati, si creano dei piatti gustosi ed eleganti, serviti da camerieri volontari in ambienti curati e accoglienti. Dei ristoranti a tutti gli effetti in cui, ridando valore al cibo, si ridà valore alle persone all'interno di uno spazio che restituisce dignità, socialità e bellezza a chi si trova in una situazione di difficoltà, affiancando il calore umano alle calorie. Obiettivo dei Refettori non è unicamente quello di combattere la fame, ma quello di cancellare le discriminazioni, permettendo a chiunque di avere accesso al fine dining, con tutta la qualità e la professionalità che lo contraddistinguono.

Voltando pagina, andiamo in Sardegna, dove nel marzo scorso si è tenuto a Cagliari l'evento I'm Cooking, un'iniziativa dell'Associazione Bambini Cerebrolesi ABC) Sardegna a cui hanno preso parte altre organizzazioni locali – Domus de Luna e Noi Altri – assieme a C'era l'Acca di Aosta. È stata un'occasione di confronto e scambio di esperienze da cui potrebbe prendere avvio una rete nazionale ancora più capillare che, dalle Alpi al mar Mediterraneo, si occupa di inclusione sociale e inserimento lavorativo di persone fragili.

Le quattro realtà presenti all'evento, da anni attive con successo nel terzo settore, sono accomunate da un'attitudine estremamente vivace nella progettazione sociale, mostrando particolare attenzione nei confronti delle persone con disabilità. Ciò che è emerso durante l'incontro sono le innumerevoli opportunità che un settore come quello della ristorazione e dell'accoglienza offre in termini di creazione di posti di lavoro e progettualità inclusive.

Ristoranti inclusivi: ecco i migliori (secondo TheFork)

Parte dello staff di PizzAut.

Da Nord a Sud, dieci indirizzi da non perdere 

PizzAut – Milano e Monza. Una delle realtà più conosciute in Italia che, oltre a due pizzerie di grande successo, vanta anche un food truck itinerante. Il progetto gastronomico-sociale di Nico Acampora ha come obiettivo quello di continuare a crescere così da garantire a quanti più ragazzi autistici autonomia, indipendenza e dignità.

Jodok Pizza e Cucina – Milano. Nato nel 1996 nel parco dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, il ristorante di Olinda mira al sostegno della riabilitazione di persone con problemi di salute mentale. Un luogo immerso nel verde, ideale per fuggire dall’afa milanese restando in città, in cui poter gustare pizze gourmet e piatti mediterranei.

Fiore Cucina in Libertà – Lecco. La sede del locale è un ex immobile sequestrato alla criminalità organizzata nel 1996 e restituito alla collettività nel 2017. In quell'anno prende vita un’attività ristorativa dedicata all’inclusione sociale, alla promozione culturale e alla buona cucina, con un occhio di riguardo per valori quali legalità e accoglienza.

Le Fonderie Ozanam – Torino. Cooperativa sociale senza scopo di lucro con una storia ultratrentennale che ha la missione di formare ragazzi e ragazze con alle spalle situazioni di disagio. Ecco che nasce così un laboratorio di ricette che si basa sulla condivisione e sul km zero, con il proprio orto e un approccio slow al cibo e alla cucina.

Antica Riva – Vimercate (MB). Questo progetto si propone di formare e integrare persone con disabilità e non realizzando una cucina di alta qualità in cui si presta molta attenzione alla qualità degli ingredienti, sia dei piatti che delle pizze.

Roots – Modena. Contesto in cui al centro è posta l'imprenditorialità femminile delle donne migranti, da cui scaturisce un ristorante, un coworking e uno spazio per eventi. Il menù, stagionale, cambia regolarmente raccontando le storie di chi sta ai fornelli; parimenti, anche la carta dei vini promuove esempi virtuosi di leadership femminile in campo vitivinicolo.

CIM – La Taverna del Castoro – Bologna. Integrazione, formazione e solidarietà sono le parole chiave di questa taverna, il cui impegno nella promozione di percorsi di inserimento lavorativo per persone fragili è costante. La cucina si rifà alle ricette tipiche del territorio, basandosi principalmente sui prodotti locali e sulle tradizioni regionali. 

El Pueblo con Gustamundo – Roma. Il ristorante si dedica all’inclusione socio-lavorativa di rifugiati politici, richiedenti asilo e migranti attraverso la gastronomia. Il ristorante El Pueblo, gestito da In cammino e Gustamundo APS, è attivo dal 2017, e ha già offerto a moltissime persone di acquisire competenze per integrarsi con la realtà lavorativa italiana, valorizzando le differenti specificità culturali in ottica di crescita reciproca.

Moltivolti – Palermo. Nato nel 2014, nel cuore del quartiere Ballarò, da un gruppo di quattordici persone provenienti da otto Paesi diversi, il ristorante Moltivolti ha l’obiettivo di offrire dignità e integrazione a partire dalla diversità. La contaminazione e lo scambio tra culture di cui si fa portavoce emerge anche nella sua cucina dove, assieme alla tradizione siciliana, si trovano influenze provenienti da tutto il mondo: dal Senegal alla Tunisia, dall’Afghanistan alla Palestina.

Locanda dei Buoni e Cattivi – Cagliari. Progetto della Fondazione Domus de Luna Onlus che accoglie minori e giovani mamme in condizioni di emarginazione e fragilità, con disabilità o con storie di tossicodipendenza alle spalle. Molti i riconoscimenti ottenuti tra cui, per ricordare solo i più importanti, quelli della Guida Michelin, di Slow Food, di Gambero Rosso, del Touring Club e dell’Accademia Italiana della Cucina.

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