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Perchè ai barman non piace fare gli Spritz?

I barman negli ultimi 10 anni hanno scoperto che il loro ruolo non è solo versare i contenuti delle bottiglie proponendo una ventina di drink decodificati dall'IBA e dalla stagione disco degli anni 90.
Perchè ai barman non piace fare gli Spritz?

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"Perché ai barman non piace fare gli Spritz?"
Questa è una domanda che da un po' di tempo a questa parte si ripete tra i social. L'idea falsamente diffusa è che i barman si siano stufati di fare il drink più famoso che l'Italia abbia esportato in tutto il mondo. Per quanto da anni venga pubblicizzato il Negroni come drink tra i più bevuti nel mondo (si potrebbe dire molto di queste classifiche), la verità è che basta guardare cosa riempie "il cassetto" della maggior parte dei bar della nostra penisola.
E no, non è vero che ai barman non piace fare gli Spritz.
O almeno non a tutti.

Il fondo di verità è relativo a quei barman che negli ultimi 10 anni più o meno, hanno scoperto che il loro ruolo non è solo versare i contenuti delle bottiglie proponendo una ventina di drink decodificati dall'IBA e dalla stagione disco degli anni 90.Il mestiere del barman ha visto così crescere una maggiore identità e specializzazione come quella che i cuochi hanno visto esplodere circa vent'anni fa.
Ora pensate se nella maggior parte dei ristoranti venisse ordinato spaghetto aglio e olio. Per quanto sia parte della nostra cultura gastronomica, per quanto richieda accortezze e perfino capacità tecniche, resta comunque un piatto semplice che inficerebbe la ricerca e il tentativo da parte dei cuochi di sperimentare e promuovere anche altro.

Ma sono sicuro che se oggi i cuochi si ritrovassero a mandare avanti le loro cucine grazie allo spaghetto "ajo e ojo" o a una carbonara, non si lamenterebbero così tanto, così come non lo fanno nemmeno la maggior parte dei barman.

Perché tutti prima o poi comprendono che ciò che conta è incassare e far star bene i clienti.

Se questa analisi però vale per lo Spritz, differente invece sono altre vecchie abitudini e stili di bevute che effettivamente negli ultimi anni si cerca proprio di far sparire, evitando di metterle in menù e persino negarle ai clienti che le richiedono.

Ecco allora l'elenco di quello che effettivamente molti barman non vorrebbero più servire e perché:

  • SHOT MISCELATI: lo shot non è proprio bandito perché comunque risponde a quel momento conviviale in cui si scaldano gli animi di una comitiva, ci si saluta con l'ultima bevuta lampo, o perché no, si festeggia al bancone, magari con la complicità dello stesso barman, una qualche ricorrenza o evento speciale. Ma se lo shot è la risposta alcoolica più semplice e diretta, pensarlo a una mini versione di drink complessi o una modalità di consumo al tavolo, li è dove si sollevano i primi problemi. Se vuoi un Negroni, bevi un Negroni, non uno shot di Negroni.
    Mentre se intendi occupare un tavolo bevendo consumazioni da due o tre euro, subentra un problema di natura economica.
  • 4 BIANCHI E SIMILARI: qualche barman ogni tanto prova a rilanciare queste vecchie glorie degli anni 90 provando a dargli un senso miscelatorio, ma il problema è il fine di chi fa questa richiesta: sbronzarsi. E qui nasce l'equivoco più grande che ancora oggi lascia interdetti i clienti che ne fanno richiesta. Ebbene si, signori e signore, che voi ci crediate o no, lo scopo di un barman non è farvi ubriacare. Anzi, teoricamente se superate il limite il barman è tenuto a non darvi più da bere. Lo scopo di un cocktail bar è rendere piacevole il tempo che i clienti passano al suo interno, avendo come grande alleato il lubrificante sociale per eccellenza, l'alcool! Questo però va gestito con cura, rispetto e attenzione, confezionandolo in modo equilibrato sia dal punto di vista gustativo che di gradazione. Il 4 bianchi non risponde a nessuno di questi due obiettivi, motivo per cui molti barman potrebbero negarne l'esecuzione.
  • COCKTAIL INVENTATI SENZA CRITERIO: a volte il cliente ha voglia di sperimentare e tirare fuori la sua passione da piccolo chimico. "Puoi farmi un Mojito con dentro l'Amaro Xxxxxx (non farò nomi, diciamo uno di quelli più noti) passion fruit e liquirizia?". Si, è tratto da una storia vera.
    Tornando per un attimo all'esempio della cucina, un cuoco generalmente propone solo quello che c'è nel menù. A volte ma non sempre, permette variazioni sulle ricette qualora queste modifiche non compromettano l'equilibrio previsto. Raramente accetterà di cucinare qualcosa mischiando ingredienti e ricette che difficilmente potranno coesistere. Ma ecco che invece quando queste richieste avvengono al bancone, ci si sorprende che il barman non accetti di fare quello che gli viene chiesto.
    Come se dovesse eseguire e basta. Come se l'esperienza, la conoscenza e lo studio che lo portano a sapere che si potrebbe fare qualcosa di meglio per quel cliente, non contasse nulla. Per non parlare poi del problema più profondo e subdolo.
    Il cliente raramente pensa da solo certe assurdità.
    Pensate che sia una moda nata tra i clienti quella di prendere sale e limone prima di ingurgitare uno shot di tequila? No ovviamente. Pare che addirittura questa pratica nasca per occultare il sapore della tequila di pessima qualità che girava in Mexico. E ovviamente questa pratica è servita anche qui in Italia quando dietro al bancone dentro le bottiglie di agave c'era solo il nome in etichetta. Ma oggi che molto spesso, per fortuna, moltissimi bar hanno come Tequila di linea solo 100% agave blu, capite che sentirsi richiedere ancora lo shot sale e limone può far inorridire.

Il cliente nasce ignorante e tenderà a sperimentare e valutare in base a come il mercato (altri colleghi barman) gli propone un bene o un servizio.
Così nascono quindi mode come il perfect serve del Gin Tonic (il servizio con la tonica a parte), l'uso della doppia cannuccia, i drink dolci da discoteca degli anni '90 che dovevano mantenere un gusto quando il ghiaccio di pessima qualità (quello con il buco per intenderci) si sarebbe sciolto. Per non parlare poi di quei colleghi che non studiavano, non avevano avuto esperienza formative con veri professionisti e senza una vera cognizione di cosa facessero ponevano attenzione solo all'estetica di quello che proponevano.
Ecco allora i drink coloratissimi, con strati di liquori che creavano arcobaleni, e frutta intagliata con grossi mazzi di menta. E se dall'altra parte hai una clientela giustamente ignorante, a cui viene venduto l'aspetto più semplice da comprendere (l'estetica), ecco che ti ritrovi con l'Angelo Blu, i Moscow Mule che "vanno serviti in tazza di rame" (perché?), gin costosissimi, creati con tecniche poco dispendiose e poco rischiose (metodo compound) messi però in bottiglie appariscenti che svolgono egregiamente il loro lavoro di marketing.

Poi ti viene il cliente al bancone e ti chiede - "Fammi un gin tonic, scegli tu il gin, mi fido". Così tiri fuori il gin di linea, un London Dry iconico che ha fatto la storia della distillazione, che rispetta le leggi più stringenti in merito al metodo di produzione dato dalla dicitura e che soprattutto rispecchia l'unico vero sapore che un gin dovrebbe avere, e il cliente ti guarda male e fa - "No ma che mi dai? Non hai qualcosa di premium?" - e tu, consapevole di essere colpevole per aver peccato di sincerità (per te quello di linea è in effetti il gin più buono, messo come base grazie ad accordi stabiliti sui volumi con il brand), ti giri verso la bottigliera cercando quel gin sfigato che nessuno conosce perché è solo uno dei tanti esperimenti aromatizzati in modo eccentrico che non hanno futuro. Te l'ha regalata il tuo fornitore, sapendo che comunque non l'avresti comprata.
"Sono 15 euro" - dici lasciandogli la tonica a parte.
"Buonissimo, complimenti".
Ed è così che dopotutto la maggior parte dei barman alla fine capisce che tutto sommato a fare Spritz non c'è niente di male. Anzi.

Ps: a quel cliente che mi chiese il Mojito con altre 10 cose, feci un drink base rum bianco, un amaro locale che aveva sentori di liquirizia, e soda al pompelmo rosa. Gli piacque molto, mi ringraziò, anche se prima di andare via ci tenne a dirmi - "Provalo anche come ti avevo detto che è buonissimo. L'ho bevuto a (non dirò la città), li va fortissimo! Ci fai i soldi!".
L'ho provato. Era estremamente dolce, sbilanciato, senza senso.
Una vera mer*a.
Solo per dovere di cronaca.
Viva lo Spritz!

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