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Cercasi camerieri anche alla prima esperienza.
Cercasi capo partita per la stagione vitto + alloggio e ottimo stipendio.
Cercasi aiuto bar con voglia di imparare.
Cercasi lavapiatti, pizzaioli, aiuto pizzaioli, cameriere alle camere, reception.
Tutti cercano e sembra che nessuno o quasi riesca a trovare.
Chi per la stagione estiva ha una brigata completa si sente fortunato.
Qualcuno quella fortuna è riuscita a costruirsela con anni di costanza, mantenimento del personale, gestione delle risorse.
Il problema è cresciuto negli ultimi 8 anni, già da prima della pandemia e con il Covid sembra aver accelerato un processo di cui però non sembra essere ancora chiara l'origine.
Quando nel 2018 scrissi la prima volta sull'argomento, la giustificazione per molti era il Reddito di Cittadinanza. Ristoratori ma anche media davano risalto a questa motivazione sostenendo che non si trovava più gente che avesse voglia di lavorare perché preferiva stare a casa a non far niente e prendere i soldi dallo Stato.
Tesi molto discutibile in quanto nel nostro settore per una vita si è lavorato sotto disoccupazione (illegalmente) e questo però non comprometteva il bacino di lavoratori a cui attingere.
Vero è anche che oggi rispetto al passato il titolare, avendo strumenti flessibili di assunzione, preferisce tutelarsi con un minimo di contratto piuttosto che rischiare multe.
Ma di base il RDC riusciva al massimo a pagare nemmeno 800 euro, cifra molto al di sotto di tanti stipendi promossi, e quindi non si capiva come una così esiguo "salario" a tempo definito potesse essere colpevole di un simile problema.
Poi il Reddito di Cittadinanza è stato abolito, ma la storia non è cambiata. Anzi.
Così si è iniziato a incolpare i ristoratori e dei loro contratti irregolari, le loro proposte al limite dello schiavismo, gli annunci a volte proprio contrari alle norme di legge.
In questo la giornalista Charlotte Matteini negli ultimi anni ha collezionato diverse inchieste facendo emergere come in effetti il mercato non tutelasse affatto i lavoratori.
Eppure esiste il rovescio della medaglia. Fortunatamente il nostro settore, è gestito anche da tanti bravi imprenditori, onesti e competenti, ma su oltre 300mila attività è sufficiente una piccola percentuale per ritrovarsi con decine di migliaia di ristoranti, bar e pizzerie che hanno finito per creare una narrazione di certo non positiva.
Ci sono annunci validi, locali seri, proposte interessanti sotto tutti i punti vista, che finiscono nel silenzio o peggio, con colloqui che rasentano l'assurdo se non il grottesco, con giovani che dopo essere stati informati sui propri diritti rispettati e lauti compensi, o pretendono più del dovuto, o non sono in grado di adempiere ai propri doveri pur millantando l'esperienza.
Ma alla fine ci ritroviamo a questo punto, in cui il problema sembra aumentare di anno in anno e come ogni estate si ricomincia a sentire la solita lamentela:
"NON TROVO PERSONALE".
A questo punto mi sembra doveroso porsi la domanda più ovvia.
Non è che forse non si trova personale perché non c'è?
Ovviamente una minor domanda rispetto l'offerta, fa si che quelli che offrono gli stipendi peggiori, o le opportunità di crescita più scarse, siano (anche giustamente) più colpiti.
Ma appunto, l'impressione è che, specialmente tra i giovani, stia venendo a mancare quel modello di apprendistato, non al nostro settore, ma in generale al lavoro.
Quanti di noi hanno iniziato a lavorare in sala, dietro un bancone, o in qualche cucina sgangherata come lavapiatti, non per la passione, non per inseguire il mito di turno (fino a 15 anni fa poi senza l'egemonia dei social, di miti ce ne erano veramente pochi e decisamente inarrivabili per la maggior parte di noi), ma solo per semplice necessità economica.
Che fosse per avere una dipendenza economica, per comprarsi la macchina o il cellulare o pagarsi gli studi, cercavamo lavoro, punto, e la ristorazione era il settore dove era possibile cominciare anche senza esperienza.
Questo metteva in moto un processo di selezione e crescita che finiva poi per formare i nuovi maitre, cuochi, bartender del futuro, senza che nemmeno ce ne accorgessimo.
Rispetto al passato, oggi, chi cerca lavoro nel nostro settore lo fa sempre di più perché ha scelto di lavorare nella ristorazione. Non lo vede come un impiego momentaneo, e anche tra quelli che lo fanno magari per pagarsi gli studi, l'idea di tenere i piedi su due scarpe c'è, anche perché, come già detto, rispetto al passato le condizioni di lavoro e di crescita sono in parte aumentate.
Questo sicuramente è un aspetto positivo.
Ma dall'altra l'impressione è che o la ristorazione non sia più vista come il primo posto dove cercare un lavoro di necessità, oppure le necessità di molti sono venute meno.
La realtà dei fatti è che qualunque strategia e offerta si proponga, trovare personale qualificato o disponibile all'impegno offerto è sempre più difficile.
Restworld è una startup nata da questa esigenza, che oltre a produrre informazione e intrattenimento sui social, ha come business quello del recruiting facendo incontrare la migliore domanda e offerta di lavoro nel nostro settore.
Forse è solo una questione di tempo affinché un nuovo modello di società si riallinei alle necessità collettive? O forse dobbiamo pensare di intervenire prima che sia troppo tardi?
La questione resta aperta.