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Si lamenta, perché il Gin Tonic non è di suo gradimento.
Aveva chiesto un Gin Tonic, chiedendo - "Il più BUONO che avete" - e quando il cameriere è venuto a chiedermi quale gli avrei potuto servire ho scelto un classico London Dry.
Fosse stato un mio conoscente avrei servito direttamente il gin che ho di linea, sempre London Dry, sempre ottimo, dal prezzo base, ma senza che questo voglia dire minor qualità, soprattutto se va poi miscelato con della tonica.
Ho optato per un cosiddetto "premium", senza menzionare la marca, diciamo uno dei Gin London Dry più iconici.
MA NO! - La tonica a parte e il calice balloon
Dopo una manciata di secondi torna indietro la cameriera con il primo "NO!".
A quanto pare nell'ordine pare che avessi sbagliato tutto perché:
- la tonica non era stata servita a parte
- il bicchiere per un premium deve essere il balloon
- di tante bottiglie premium avevo usato un gin qualunque. (su questo aspetto credo si potrebbe aprire un dibattito più psicologico che di marketing. Credo che volesse una delle poche bottiglie molto vistose e barocche presenti in bottigliera che, guardacaso, sono tutti compound gin dalle qualità tecniche e aromatiche a volte discutibili)
Non ho modo e tempo di discutere o spiegare, quindi rimando al mittente quanto chiesto, ovvero:
- tonica a parte
- un balloon pieno di ghiaccio
- servito con 50 ml di un gin, che senza fare nomi, ha la bottiglia da 500ml, costa sui 50 euro, e quindi tra tonica e porzione ci costa solo così 6 euro. Venduto a 15 euro è una rimessa per noi e un prezzo percepito come alto al cliente.
In pratica l'unico che è contento è il fornitore (forse!)
MA NO! - C'è poco gin!
Dalla padella alla brace.
Se la cliente sembrava soddisfatta in un primo momento, pare che al momento dell'assaggio sia rimasta insoddisfatta della gradazione alcoolica.
Inutile far notare che la signora, versando l'intero contenuto della tonica (cioè 200ml) nel balloon, aveva perlopiù dimezzato la normale gradazione di un gin tonic portandolo a circa 7 vol. invece dei soliti 13 vol.
La cliente chiede di avere la "giusta dose" di gin, perché secondo lei sono stato avaro con il jigger.
Avendo inteso l'errore a monte, aggiungo direttamente altri 50ml dello stesso gin premium.
MA SI! - Obiettivo raggiunto.
Ora è soddisfatta.
L'alcool fa il suo dovere e la cliente passando poi al bancone con fare bonario (e non richiesto) dirà - "A casa mi preparo spesso il gin tonic, sono un'esperta! Se volete vi do qualche lezione" - ridendo della sua ironia.
Vabbè, conosciamo la giostra e andiamo avanti con la nostra serata dietro al bancone.
MA NO! - Il conto salato.
Eggià, sembrava finita e invece no.
Perché poi al momento del conto, la cliente ha scoperto che il suo gin tonic le sarebbe costato 20 euro (che a dirla tutta sono stato anche magnanimo nel ricarico avendo messo una doppia dose), sostenendo che quasi glielo avremmo dovuto offrire, visto che ci aveva, anzi mi aveva dovuto spiegare come andava fatto.
Morale della favola?
Tempo fa scrissi il "Manuale del Cliente - L'arte di mangiare fuori".
Quasi mille copie vendute e ogni volta che ho avuto modo di proporlo e consigliarlo, assieme alle lodi, spesso mi sono state fatte le seguenti critiche:
- "Ci manca solo che al cliente (CHE PAGA!) bisogna anche dirgli quello che deve mangiare o bere"
- "Al cliente tutte queste regole non interessano. Il nostro lavoro è soddisfare le loro richieste, non fare lezioni"
- "Se il cliente vuole una cosa io gliela do, lui paga e io sono contento"
MA NO!
Stavolta lo dico io.
Perché il cliente ha tutto il diritto di essere ignorante, il problema è che quella sua ignoranza (molto spesso indottrinata tra l'altro da altri colleghi poco esperti e professionali) può portarlo a fare scelte non solo sbagliate oggettivamente, ma alla fine ritenute sbagliate anche per lui o lei.
Se noi siamo dei veri professionisti, non dovremmo aver paura di infastidire il cliente nello spiegargli cosa è meglio per lui.
Io se vado dal meccanico, e mi fido di lui, pretendo che mi dica cosa è meglio fare, perché io faccio il barista, non mi intendo di macchine, o almeno non di certo come lui.
Se poi mi consiglia pure di spendere di meno, per avere un servizio migliore, ci mancherebbe pure che faccio di testa mia.
O no?
Ma si.
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Comprando il libro finanzierete il secondo volume, L'ARTE DI BERE BENE, perché credo serva un capitolo a parte per spiegare ai nostri clienti il modo più soddisfacente di bere, senza dover creare spiacevoli discussioni al bancone...o alla cassa!