Gastronomika Festival 2024

Sono Luca Lotterio, CEO di Restworld, e in questo nuovo articolo vi racconto la mia esperienza ad uno dei migliori eventi in Italia per la chi lavora nella ristorazione.
Gastronomika Festival 2024
@GKFestival 2024, Milano | 19-20 Maggio 2024

In questa pagina

"A tutti i costi."

Luca Lotterio | CEO di Restworld

Sono stato questo weekend al Gastronomika Festival, evento annuale organizzato da Linkiesta Gastronomika che riunisce le nuove generazioni dei professionisti del mondo del cibo e del vino per un confronto costruttivo sulla nuova enogastronomia italiana.

Giorno 1

Ore 7:00 di domenica mattina, suona la sveglia. Torino è a solo un'ora di treno da Milano, 54 minuti per essere esatti. Ma comunque son 54 minuti. Si parte presto!

@Stazione Porta Nuova Torino

Arrivo ai Bagni Misteriosi, nel bel mezzo del quartiere Porta Romana, casa di ristoranti celebri di cucina contemporanea come Trippa e Autem, ma anche di nuovi format di ristorazione come Trapizzino e Berberé.

Ingresso accogliente, colorato, la colazione per tutte le esigenze: vegana, senza glutine, con sapori variegati. Lavazza 1895 Collections ci sveglia con un caffè di altissima qualità.

Prendo un americano, dopo la Silicon Valley son diventato addicted.

@Foto da Linkiesta Gastronomika
@Foto da Linkiesta Gastronomika

Iniziano i talk.

Nota importante prima di addentrarci negli speech: ho deciso di parlare di ogni speaker utilizzando il nome e non il cognome come normalmente si fa. Mi dà una sensazione più umana, più di vicinanza alle persone che parlano. 

10:00 Il valore del lavoro

Modera il talk Lidia Baratta, giornalista di economia e lavoro. Ho conosciuto Lidia a dicembre 2023, ci siamo sentiti per un'intervista per Linkiesta riguardo il nostro manuale per la riduzione della settimana lavorativa nella ristorazione StepbyStep (puoi scaricarlo qui gratuitamente).

Il talk inizia con un attualissimo monologo di Andrea Chiriatti, responsabile lavoro della FIPE (Federazione italiana dei pubblici esercizi).

Ci racconta che a breve uscirà finalmente il nuovo CCNL del turismo, terzo in Italia per utilizzo dopo metalmeccanico e commercio.

Andrea sottolinea la necessità di mettere le aziende di ristorazione in condizione di effettuare uun check-up di salute della propria azienda per poter gestire al meglio il costo del lavoro.

  • È davvero necessario tenere più lavoratori del previsto in diverse fasi pre-durante-post servizio?
  • È davvero necessario aprire 7 su 7 (eh ma pago l'affitto, che faccio resto chiuso?)
  • E rischiare di rimanere con metà sala vuota e i costi fissi che incrementano?

Segue Francesco Seghezzi, della ADAPT (che in realtà non conoscevo, ma sta per questa cosa lunghissima: Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, insomma ADAPT).

Francesco è un appassionato di cibo, ma soprattutto di ristorazione.

Sottolinea la necessità per la ristorazione di fare un bel "salto organizzativo", di elevare gli organigrammi, le procedure, le culture aziendali al nuovo mondo sottolineando che sì, serve passione, ma non basta se poi le condizioni lavorative sono pessime.

@Foto da Linkiesta Gastronomika
@Foto da Linkiesta Gastronomika

Mi trovo completamente d'accordo sul provare a disincentivare il giustificare la pressione in cucina, lo stress, il "far piangere il giovane" come accade spesso e volentieri in trasmissioni televisive che deviano dalla realtà del mondo delle cucine.

Serve demistificare l'Imperatore Chef.

Rendere le brigate un gruppo di persone, non una casta con ordini e gerarchie schiavizzanti (schiavizzante è una mia esagerazione voluta del concetto, non l'ha detta esplicitamente Francesco).

La passione deve quindi combinarsi con un ambiente di lavoro piacevole.

Altrimenti tanto vale lavorare da Amazon di giorno e cucinare a casa per amici e famiglia la sera.

Francesca Corbetta, dell'Osservatorio Sonda, chiude lo speech focalizzando il dialogo su scuole alberghiere e competenze trasversali.

Se le scuole alberghiere preparassero alla gestione dei clienti, ai rapporti con i colleghi, alla gestione degli excel e ad altre competenze trasversali, avremmo sicuramente molti più professionisti pronti ad affrontare le sfide del settore, e magari qualche altro imprenditore/imprenditrice in più che non apre un locale semplicemente perché "è uno chef, sa cucinare".

Chiudiamo il primo speech con 2 grandi insegnamenti:

  • L'imprenditore e lo chef non sono la stessa entità, ma figure che devono essere distaccate, con responsabilità, ruoli e competenze ben diverse. Si può essere entrambi? Forse sì, ma bisogna sapere delegare le giuste attività. Non si può far tutto, altrimenti si finisce per far danni a se stessi, alla propria attività e soprattutto ai propri collaboratori.
  • Il lavoro in nero scomparirà. Ehhhhhhhh addirittura? Secondo Andrea Chiriatti sì, ci sono tutti gli strumenti e le volontà da parte delle istituzioni (dovrebbe essere scontato direte, ma invece..) di ridurre al minimo il lavoro sommerso nell'imminente futuro.

Io ci credo, e tu?

11:00 Come si cucinano i soldi?

Tocca ad Anna Prandoni moderare questa volta, lei è l'ospite di casa per eccellenza. Potremmo definirla la mamma di Gastronomika, non si offenderà spero!

Con Anna ci siamo conosciuti in un taxi direzione BTO, novembre 2021 addirittura.

Restworld era una microscopica realtà (quell'anno fatturammo 50k€, in tutto l'anno!), ma ci invitarono comunque a raccontare quello che stavamo facendo in un panel con due ristoratori di eccellenza, Cesare Battisti di Ratanà e Riccardo Orfino direttamente da New York con il suo Alice Restaurant. Qui trovate l'intervista integrale.

"Come si cucinano i soldi" nasce come talk per ascoltare il punto di vista dei ristoratori oltre la cucina, facendo focus sul controllo di gestione.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Claudio Liu di Iyo Group ci racconta della sua famiglia, ristoratori da oltre due generazioni, che ha internalizzato tutti i processi di delivery nei suoi locali.

Avete idea che vantaggio competitivo enorme?

Hanno sbloccato il potere di accedere a tutti i dati che normalmente piattaforme come Glovo, Deliveroo, tengono segretamente per conto loro senza condividerli.

Claudio parla di business intelligence, di dashboard, di gestione e monitoraggio dei suoi locali.

Integrazioni tra i vari software gli permettono di avere un vantaggio competitivo rispetto ai competitor in zona a Milano. Al tempo stesso Claudio ha compreso la centralità delle persone come chiave dello sviluppo, della delega e della sostenibilità del business.

Il nuovo locale che aprirà a giugno ha un focus su una semplice quanto spesso sottovalutata parola, l'inclusività.

Segue Salvatore Aloe di Berberè, non lo conoscevo ma già mi piace.

Berberè ha all'attivo 20 locali, 400 persone nello staff provenienti da 46 nazioni gestite da un team di 5 professionisti nella sola gestione delle risorse umane. E nonostante possano sembrare numeri da industria, Salvatore definisce Berberè uno show business, dove è l'esperienza a far da padrona, e la pizza da contorno (buonissima ovviamente!).

Salvatore sta aprendo a Bologna quella che definiscono la "Casa di Berberè", un luogo dove fare formazione, dove vige la trasversalità delle competenze. C'è un corso che si chiama "Comunicazione di Genere" (cuori arcobaleno da parte mia!).

Chiude Giancarlo Perbellini, altra nuova scoperta.

Ma temo di aver capito che ero l'unico a non conoscerlo.

Ci racconta di come è cambiato il lavoro dagli anni ‘90, quando sceglieva i prodotti senza guardare il prezzo, segnandoli con carta e penna, a oggi che ha invece sistemi integrati per il controllo di gestione di molteplici punti vendita. Giancarlo oggi crea imprese, avendo aperto numerosi ristoranti, pizzerie e format nel corso della sua carriera.

Ma soprattutto Giancarlo crea e forma Imprenditori, con la i maiuscola!

Nella sua carriera sono numerose le persone entrate nel suo team come semplici dipendenti che poi hanno deciso di avviare insieme a lui attività di successo in giro per l'Italia e non solo.

Inutile sottolineare che per queste realtà i due giorni di riposo sono lo standard, e si cerca di andare verso le quattro giornate e mezzo.

Anna prima di chiudere il tavolo, chiede ai partecipanti se ci sono altri problemi nelle loro realtà al di fuori del tema del personale. Risultato? Nessuno è uscito realmente dal tema.

Chiude il talk Claudio con una bellissima serie di domande rivolte a tutti i ristoratori in sala:

  • Abbiamo mai pensato che forse siamo noi che stiamo sbagliando qualcosa?
  • Abbiamo mai pensato al welfare per i nostri collaboratori?
  • Abbiamo mai pensato di ridurre i carichi di lavoro intensi per il nostro staff?
  • Abbiamo mai pensato di chiedere alle nostre persone quali sono i loro sogni?

12:00 Momento Croccante

Prima di pranzo interviene Carmine del Grosso, stand up comedian che ci racconta la ristorazione sotto diverse sfumature, con un po’ di ironia e un pizzico di sarcasmo.

Ci presenta un suo personalissimo menù.

Un elenco selezionato di recensioni incredibili prese dal web.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Clienti che lasciano recensioni imbarazzanti, ristoranti che rispondono a recensioni in maniere epiche, e addirittura recensioni di scuse di alcuni clienti che avevano alzato troppo il gomito in giro per locali.

Pranzo

Per Pranzo mi fermo a mangiare da Shatì Piccolo Bistrot, brunch di ottima qualità tra timballi e club sandwich elaborati, in una piccola location arredata con gusto, aperto da un anno e gestito interamente da Anna Shatilo, che si divide tra banco e cucina.

@Foto da Google Maps

Mi fermo a parlare con lei che mi racconta il suo ultimo periodo di vita.

Dall'apertura, da Shatì hanno lavorato solo in due, lei e la mamma.

Anna prima aveva un ristorante di alta cucina, ma informale come relazione. Non come gli stellati un po’ palo… Ho capito, condivido.

Al tempo però, già post-pandemia, con il suo vecchio locale non riusciva più a costruire una solida brigata di sala che seguisse lo stile e la professionalità necessari per creare la giusta esperienza.

Solo uno andava bene, ma poi è andato a lavorare in Langosteria. Si guadagnava di più.

Ho scoperto che da Langosteria si fanno grandi mance, dovrò indagare questa dinamica.

Quindi Anna è ripartita, skin in the game completamente e mi conferma che oggi, a distanza di un anno, finalmente arriva la terza persona a dare una mano, un barman. Il primo barman del locale.

Le auguro una grande espansione!

Qui è doverosa una riflessione.

Quante attività chiudono ogni anno per difficoltà nel reperire staff?

Sarà per questo che ho aperto Restworld…

15:00 Laboratorio Architettura

Torno ai Bagni Misteriosi, inizia la seconda parte della giornata!

Mi fermo per un laboratorio sull’architettura.

Molto interessante, tanti spunti di riflessione sulla dinamica che si instaura tra architetto e titolare di una futura attività di ristorazione.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Ascoltiamo le storie delle aperture di Langosteria, di cocktail bar di lusso e ci immergiamo nel comprendere tutti quei dettagli che spesso e volentieri vengono dati per scontati come l’illuminazione, l’acustica, la cappa, il dehor, il mood.

Eccetera eccetera.

Peccato che non riusciamo a fare quello che mi aspetto normalmente da un laboratorio, produrre qualcosa.

Però ora ho i fogli che mi spiegano come fare.

Mi diletterò un giorno!

Per ora mi fermo a lavorare al nuovo ufficio di Restworld, che mi sembra già un gran passo in avanti.

17:30 Lecture con Carlo Cracco

Tocca a Carlo Cracco: non ha Whatsapp, non usa Instagram.

Bello, sicuramente le tecnologie hanno reso le relazioni un po’ più superficiali alle volte, quindi non esserne schiavi è sicuramente un valore.

Ma addirittura non avere Whatsapp, nel 2024, in Italia?

Libertà o limitazione?

Chissà.

Veniamo all’intervista.

Anna parte con una domanda di rito:

“Come è cambiata la cucina da quando era giovane ad oggi?

“Molto chiusa, segregata. Alla base c'era spesso la panna, le tre P erano panna, prosciutto e piselli.” risponde Carlo.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

“..ma poi arriva Marchesi e cambia tutto l'approccio alla cucina”.

Quel Gualtiero Marchesi, fondatore della nuova cucina italiana scomparso ormai già nel 2017: Carlo lavora e impara da lui per diversi anni.

Curiosità vuole che nel ristorante di Marchesi di italiani ce ne fossero pochi. Era pieno di inglesi, francesi, tedeschi, eccetera.

Tra gli insegnamenti più importanti bisogna avere delle idee e perseguirle anche se non tutti sono d'accordo. Secondo il Maestro, tramite la cucina bisogna soddisfare il cervello del cliente, prima ancora che la pancia.

Ci sono stato, all'Accademia di Gualtiero Marchesi a Milano, due settimane fa di ritorno dalla California. Mi ha invitato da direttrice Carla Icardi a prendere parte in un talk proprio sulle cucine e sulla violenza nelle cucine (trovi qui maggiori info).

“Perché alla fine la cucina è un mondo in movimento”, continua Carlo.

Sarà un caso che i migliori chef dei nostri tempi hanno avuto esperienze in diverse nazioni?

Parlando di cambiamenti, propone alle istituzioni di non equiparare un ristorante e un McDonald’s, un ristorante non è una paninoteca o un pub. Non possono coesistere stessi obblighi e regole.

“In Italia si vale meno di un due di picche, si viene schedati con un livello all'interno di un contratto e fine”.

Ci racconta che è rimasto indietro il Paese Italia, ma che nelle cucine c'è meno la dinamica dello chef imperatore (tema che torna più volte già in questa prima giornata). Invece dice che in Francia ancora è molto così, con lo chef che insulta il resto dello staff.

Boh, personalmente mi sembra che Carlo sia un po’ fuori dal mondo.

Su un altro pianeta.

Qualche anno fa avevo avuto la stessa impressione ascoltandolo a Ristobusiness, format molto carino di formazione ideato dal buon Emiliano Citi dove avevo partecipato anche io come relatore nel 2021 (qui la landing dell’evento).

Sarà Whatsapp, e questa sua fissazione che lo smartphone è il male della società.

Lo dice anche lui: "Magari sono io che non sono in bolla".

Anna cambia discorso e gli fa notare che è anche colpa della TV per cui si è creato un immaginario comune deviato riguardo cosa significa lavorare in ristorazione (e sottostare allo Chef Imperatore: niente questo termine ormai mi piace un casino).

Secondo Carlo non è così.

Va bè, lasciamo perdere penso io.

Una sua affermazione bella però la porto a casa.

"In cucina si aiuta sempre chi è più in difficoltà, senza discriminazione alcuna."

Questa è la prima regola. Bello!

Finiti gli interventi, si apre un bellissimo aperitivo nel cortile interno del Teatro, un posto fantastico.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Ma devo scappare, ho una cena di pesce che mi aspetta a casa del mio amico Angelo Zamboni, founder di Jobtech. Un'agenzia per il lavoro super tech con cui ci confrontiamo spesso avendo anche loro un verticale sull'Horeca.

Prima di andare da Angelo passo all’ostello a fare il check-in, 50 secondi a piedi dai Bagni Misteriosi, TOP.

Ma Luca, perché vai in ostello?

Ma raga, avete capito quanto costa una stanza singola a Milano per una notte?

E poi gli ostelli mi affascinano, mi ricordano il mio periodo degli Erasmus, dell’Università e dei viaggi low budget fatti con quei pochi risparmi degli extra servizi in ristorazione.

I miei compagni di stanza sono dei brasiliani che, dopo aver vissuto per 3 anni in Irlanda, si sono presi 6 mesi sabatici per girare l’Europa.

Che figo, bisognerebbe proprio avere 6 mesi per girare dove si vuole!

Partito!

Prendo due bottiglie di vino bianco al volo, salgo su un monopattino e mi avvio per il centro di Milano verso casa di Angelo. Una cena piacevole, tra persone brillanti. Non ho fatto una foto mannaggia!

Giorno 2

Socchiudo gli occhi, dove sono?

In questo periodo mi capita spesso. Difficilmente dormo più di una settimana in uno stesso letto, da un paio di mesi.

Bellissimo perché son sempre in giro a scoprire cose nuove, ma alle volte è destabilizzante e non vorrei altro che svegliarmi con la mia compagna, qualche raggio di sole in entrata dalle fessure della serranda e la consapevolezza di essere a casa.

Mettiamo da parte la nostalgia, mi aspetta un’altra giornata formativa.

Sono le 9:30 del mattino e nel cortile dell’ostello ci sono due simpatici trentenni che suonano la chitarra, accompagnati da un ragazzo decisamente palestrato che accompagna i due, cantando canzoni pop arrangiate in chiave lirica.

Saranno lì per caso o è l’ostello che li paga per far svegliare i ritardatari del check-out?

Non lo scoprirò mai temo.

Arrivo ai Bagni Misteriosi (ormai sono di casa) e vado dritto dalla barista che il giorno prima mi aveva raccontato per filo e per segno come si fa una preparazione del caffè americano a freddo.

Ne hanno fatto in quantità, buonissimo. Pure quello.

Mi sa diventerò un cliente.

10:00 Hackathon B2B

Si parte con l’hackathon.

Cos’è un hackathon? Un evento al quale partecipano, a vario titolo, esperti di diversi settori, che si riuniscono in gruppi per finalità lavorative, didattiche o sociali. Normalmente durano da uno a due giorni.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Ci consegnano un braccialetto a testa, siamo tantissimi.

100, forse 200 persone under 40.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Sul mio braccialetto c’è il tavolo 17.

Mi guardo un po’ in giro e trovo il tavolo vicino alla regia della sala principale.

5 persone sono già sedute, aspettiamo tutti per fare il giro tavoli.

Lidia Baratta è a pochi metri da me, modera il Tavolo 2 che si chiama “La professione non ha prezzo”. Ci guardiamo e capisco che il tavolo perfetto per me era l’altro. Ma ormai sono destinato, il 17.

Leggo allora il tema del tavolo 17: Il pane costa (troppo poco!).

Il pane? Ma io non ne so niente di pane!

Iniziano i giri di tavolo, chi ha un panificio, chi un ristorante, c’è un tecnologo delle farine Petra, una studentessa dell’alberghiero e un ex direttore F&B.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Moderatrice e reporter, Francesca Romana Mezzadri (in foto) e Cristina Viggé si presentano e ci dicono che passeremo le successive 3 ore esplorando il titolo del tavolo in diverse sue forme.

Partiamo ragionando sul comunicare il pane.

Come si fa a vendere un pane a 10/15€ al chilo?

Basta solamente usare delle farine care, o c’è bisogno di una narrazione, di una storia, di una esaltazione del pane nelle sue diverse forme, fragranze e colori?

Dopo aver ascoltato alcuni pareri inizio a guardare il pane sotto un profilo molto chiaro.

Prodotto.

Alla fine non è troppo diverso da quello che studiavo mentre facevo l’MBA.

I panifici hanno bisogno di un brandbook”, dico ad un tratto.

Eccallà, ho detto la cazzata e ora mi guarderanno come un alieno.

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Invece spiego che, come nei prodotti o servizi, anche nel vendere il pane si tratta di gestire in maniera olistica il marketing di un prodotto, che viene poi indirizzato verso un target di clientela, ha bisogno di un posizionamento e di un filo narrativo coerente con il brand.

Il discorso convince, mi do una invisibile pacca sulla spalla.

Da quel momento in poi, passo le successive due ore ad ascoltare con grandissimo interesse un tavolo di discussione composto da persone colte e competenti, dove al centro c’è il tema pane in tutte le sue sfumature.

Parliamo del futuro del pane bianco, sempre meno presente nei panieri dei forni.

Un tempo il pane bianco era il pane dei ricchi (mentre quello nero quello dei poveri). Invece oggi la farina bianca è alla mercè di tutti, mentre la farina nera è un lusso. Che mondo al contrario!

Parliamo di calendarizzare le produzioni, del far pagare o meno il pane nei ristoranti, dei costi del lavoro dietro le produzioni e della delega di un’attività così apparentemente semplice per numero di ingredienti, ma così complessa che un minimo errore può costare decine se non centinaia di chili di produzione.

Ascoltiamo la testimonianza di una studentessa, Marina Rosario, 17 anni e una fortissima passione per il settore alberghiero. Ci racconta la sua storia e i “lati oscuri” di alcuni docenti di cucina nell’alberghiero. Lo dico sempre che bisognerebbe svecchiare anche le scuole.

La domanda delle domande per chi produce pane è: si può vivere di solo pane?

“Pausaaa” ci riporta all’ordine Anna avvisandoci che è già ora di pranzo.

Ma dai! Ora che ci stavamo divertendo!

Questa seconda giornata ha un pranzo incluso per tutti, e c’è una vastissima scelta!

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Mi servono un calice di Franciacorta.

Ma dopo il primo sorso mi ricordo di averne già bevuto eccessivamente alla cena prima, smetto e vado per un crodino. Altrimenti chi ci arriva a sera?

Dopo pranzo riprendiamo.

I tavoli vengono interrotti da un susseguirsi di speech in cui Anna intervista una alla volta tre personalità ben distinte.

Francesco Tava, che con la sua Tava Srl producono anfore fatte a mano per la vinificazione, ci racconta di come ha gestito in maniera innovativa il “fare squadra” con il suo team di 30 persone.

Vivendo in una zona non servita da trasporti pubblici, ha fornito un’auto a tutto lo staff. Avendo assunto persone da diverse nazioni, ha internalizzato i processi di richiesta dei permessi di soggiorno per il team, soprattutto per i ricongiungimenti familiari. Inoltre, divide parte degli utili aziendali con tutti i suoi dipendenti.

Enrico Cerea, detto Chicco, ci racconta dell’esperienza della sua famiglia. Della nascita del brand Da Vittorio e di come sono arrivati fino a 1.000 dipendenti. Mille, con ristoranti e hotel di altissima qualità.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Chiude Antonia Klugmann, del ristorante stellato “L’argine a Vencò” in Friuli quasi al confine con la Slovenia.

Qui torna il termine olistico in quanto per lei la cucina non è solo cibo, ma è estetica, design, giardinaggio, fotografia, strategia e tanto altro. Tutto insieme, tutto connesso.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

Alla domanda dal pubblico “Quanto è difficile per te avere il tuo locale in una zona decentralizzata?” risponde che “Bè anche Milano è molto decentralizzata dal Friuli”.

Adoro.

Finito il talk di Antonia ci immergiamo nel nostro tavolo 17 per tirare le somme della giornata e decidere le tre parole da presentare come fine lavori.

Caso vuole che mi fermo a parlare con il team della Lavazza per portare in ufficio quella buonissima miscela per il caffè freddo. Mi perdo i primi minuti di interazione del tavolo, ma quando torno decidono che la prima parola sarà proprio quella: brandbook. Che cuori!

Brandbook, Formazione e Altro.

Questa la sintesi della nostra mattinata.

 Anna raccoglie a sé tutti i moderatori e i reporter. Dal tavolo vicino esce tra le parole la “Retorica del Sacrificio”. Era ora!

Breve giro di parole scelte dai tavoli e poi Anna chiude con la sua, di parola. Meraviglioso.

@Foto da Linkiesta Gastronomika

E sì, è stato proprio meraviglioso come evento.

Ho già chiesto ad Anna di riproporre l’hackathon su Torino.

Sarebbe meraviglioso!

Finisce qui questa bellissima due giorni.

Italo e Trenitalia ovviamente mi allietano con 80 minuti di ritardo, meno male che Milano-Torino è una tratta veloce e comoda.

Ma almeno ho buttato giù questo testo. È il mio primo articolo!


Nota di chiusura: devo il merito della pubblicazione di questo articolo a Francesca Romana Mezzadri che mi ha revisionato il testo (so che non hai amato la parte dei nomi/cognomi, spero non mi odierai!).

Senza di lei probabilmente questo articolo sarebbe rimasto una di quelle tante bozze all'interno di una qualche cartella del mio Drive. Grazie!

@Foto da Linkiesta Gastronomika

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