8 e 9 Giugno - REFERENDUM per i LAVORATORI. E noi della ristorazione?

La Cgil in meno di due mesi (sui 3 richiesti per legge) è riuscita a raccogliere oltre 500mila firme necessarie a indire un referendum, in questo caso abrogativo, su 5 quesiti che riguardano principalmente il lavoro e uno sul diritto alla cittadinanza.
8 e 9 Giugno - REFERENDUM per i LAVORATORI. E noi della ristorazione?

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L'8 e 9 Giugno si potrà votare al Referendum su 5 argomenti, al fine di scegliere se mantenere o modificare alcune leggi, di cui un paio inserite nel Jobs Act voluto da Renzi nel 2015. I referendum non sono proprio il forte della partecipazione nel nostro paese. Basti pensare che negli ultimi 25 anni solo uno ha raggiunto il quorum (2011 - Il referendum prevedeva 4 quesiti, di cui 2 sul tema acqua pubblica, uno sul nucleare e il quarto sul legittimo impedimento).

Vediamo brevemente di cosa trattano i 5 quesiti:

1. STOP AI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI

«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»

Attualmente nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto.
Il PRIMO dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act.

2. PIÙ TUTELE PER LE LAVORATRICI E I LAVORATORI DELLE PICCOLE IMPRESE

«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»

Nelle aziende con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
Il SECONDO quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese.

3. RIDUZIONE DEL LAVORO PRECARIO

«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»

In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo.
Il TERZO quesito punta a ripristinare l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

4. PIÙ SICUREZZA SUL LAVORO

«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»

In Italia, ogni giorno in media, tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro.
Il QUARTO quesito interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro andando a modificare le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.
Abrogando le norme in essere si vuole estendere la responsabilità dell’imprenditore committente così da garantire maggiore sicurezza sul lavoro, o quantomeno maggiore responsabilità su di essa.

5. PIÙ INTEGRAZIONE CON LA CITTADINANZA ITALIANA

«Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»

Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992.
Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. 

"E A NOI CHE CE FREGA?"

Non so voi, ma a me sembra surreale che in un referendum abrogativo, indetto da un sindacato, il mondo della ristorazione che attualmente è quello con più lavoratori (circa 1,2 milioni secondo alcune stime) sia perlopiù ignorato.
Non siamo stati interpellati per la raccolta delle firme, ne vedo le varie associazioni di categoria del nostro comparto parlare di questo referendum.
Eppure alcuni dei quesiti posti dalla CGIL riguardano anche noi.
Basti pensare al quarto sulla sicurezza del lavoro e alla responsabilità dell’imprenditore committente, in riferimento per esempio alle tante cooperative che svolgono funzione di catering per grandi eventi.
O anche il terzo sul lavoro precario. Quanti colleghi, non stagionali (li si apre un altro capitolo) si vedono rinnovare contratti a tempo determinato senza alcuna garanzia di assunzione?
E perfino il quinto quesito, quello sulla cittadinanza, quanto compete la nostra realtà che vede ormai consolidata un sodalizio nell'assunzione di lavoratori immigrati la cui regolamentazione della cittadinanza in molti casi ci renderebbe più facile la gestione del personale e del continuo turn over?
Non si tratta di essere necessariamente favorevoli a tutti o alcuni di questi quesiti abrogativi, quantomeno l'essere costantemente ignorati su tematiche che riguardano il mondo del lavoro.
Come se noi facessimo altro.
Loro ci ignorano, ma ha senso che anche noi continuiamo a ignorarli?
Nel dubbio torneremo a ricordarvi che l'8 e 9 giugno si vota.

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