10 falsi miti sugli chef

La figura dello chef ha, oggi, una fama e senza precedenti. Masterchef e affini hanno contribuito a mitizzare cuochi e brigate, dando altresì vita a diversi luoghi comuni e falsi miti sulla professione dello chef.
Il Banchetto nuziale, quadro del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio (metà Cinquecento ca.).

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Da un po' di tempo a questa parte, la figura dello chef ha guadagnato una fama e un'ammirazione senza precedenti. Cooking show, talent di cucina e programmi vari (Masterchef, Hell's kitchen, Cucine da incubo e affini) hanno contribuito significativamente a mitizzare cuochi e brigate, perlomeno nell'immaginario collettivo. A tale successo mediatico si accompagnano inevitabilmente alcune dicerie, luoghi comuni sulla professione dello chef, così capillarmente diffusi da essere – oramai – indistinguibili dalla realtà.

Fotografia della cucina di un ristorante. Brigata di cucina: chef, sous chef e commis a lavoro.

Cerchiamo di fare un po' di chiarezza, smascherando i 10 falsi miti più diffusi sugli chef.

1. Gli chef escono spesso e partecipano a feste ed eventi

Chiunque abbia un'idea, per quanto vaga, di che cosa voglia dire lavorare in cucina, si renderà ben presto conto dell'inconsistenza di tale affermazione. Il lavoro di un cuoco, infatti, è ben diverso: richiede moltissimi sacrifici, giornate lavorative lunghe e – talvolta – senza pause, rinuncia a domeniche e feste in famiglia e via dicendo. Gli orari di lavoro, peraltro, sono del tutto incompatibili con quelli della maggior parte delle persone per cui, spesso, chi lavora in cucina frequenta per lo più colleghi e, per giunta, nei giorni di riposo infrasettimanali.

2. Gli chef mangiano sempre bene

Niente di più distante dalla realtà. Chi sta in cucina non mangia gli stessi piatti che si trovano in carta, anzi. Certo, durante le preparazioni assaggiano ciò che cucinano, ma soltanto per verificarne la corretta riuscita, mentre quando si tratta dei loro pasti le cose sono affatto diverse. Pranzi e cene consumati frettolosamente, molte volte in piedi, a base di avanzi o scarti di lavorazione. Non è poi tanto diverso dagli operai che mangiano tra i rottami o dall'impiegato che mangia davanti al pc.

3. Fare lo chef è alla portata di tutti

Nonostante il termine "chef" sia inflazionato, non tutti hanno ben chiaro cosa significhi esserlo e in che cosa differisca dall'essere un "semplice" cuoco. Lo chef (o "capo cuoco") non è meramente una persona capace di cucinare, ma è molto di più. Colui o colei che guida la cucina di un ristorante deve possedere le caratteristiche del leader, avere abilità organizzative e gestionali per riuscire a dirigere il lavoro di tutta la brigata, essere creativo/a anche se – come vedremo meglio e contrariamente da quel che si pensa – la creatività raramente è una dote innata e, infine, deve porsi come punto di riferimento per tutti gli altri membri della brigata.

Chef e giudici del talent di cucina Masterchef: Antonino Cannavacciuolo, Bruno Barbieri e Giorgio Locatelli.

4. Con l'alta cucina si guadagna molto

Come abbiamo già approfondito altrove, la sostenibilità economica dei ristoranti non è affatto così scontata, in particolar modo per i locali di alta cucina. Dal costo delle materie prime, a quello delle attrezzature, alla manodopera, moltissimi sono coloro i quali, conti alla mano, si sono visti costretti a tirare giù le serrande della propria attività. Ultimamente, proprio per evitare la chiusura, molti chef scelgono di aprire un bistrot, ossia un locale decisamente più informale che implica costi gestionali minori, meno personale e materie prime più abbordabili, grazie al quale è possibile ricavare margini di profitto maggiori.

5. Tutti gli chef sono amici tra loro

Tutto il contrario! Difficilmente le eccellenze vanno d'accordo tra loro. Troppa sicurezza di sé e delle proprie capacità, porta i volti noti dell'alta ristorazione a essere costantemente in competizione tra loro. Va da sé, inoltre, che social network e media tradizionali hanno fortemente contribuito ad alimentare le "scaramucce" tra colleghi dal momento che, è risaputo, il conflitto genera audience.

6. Gli chef hanno un ottimo stile di vita

Beh, non proprio. Stress, ritmi di lavoro frenetici, pause brevi e insufficienti, turni serali e via dicendo non sono esattamente la ricetta per condurre una vita sana ed equilibrata. C'è, poi, la questione dell'alimentazione – di cui abbiamo già parlato – che, per queste stesse ragioni, è generalmente disordinata e incostante. Inoltre, anche la sfera privata implica scelte e compromessi traducendosi in due possibili scenari: o il partner svolge la medesima professione, magari nello stesso locale, con il rischio di trascinarsi a casa i problemi del ristorante e viceversa; oppure il/la compagno/a lavora in tutt'altro settore e, in tal caso, si riducono all'osso i momenti assieme.

7. Gli chef godono di un certo status sociale

Questo è vero, ma vanno fatti dei distinguo. Anzitutto è vero adesso, da non più di una quindicina di anni a questa parte, fatte salve alcune rare eccezioni. Ma anche ora, per conservare la popolarità raggiunta bisogna lavorare costantemente e su più fronti (televisione, social media, attività ristorativa e immagine pubblica). Quindi, sì, in questo periodo storico è abbastanza facile per uno chef di alto livello raggiungere la popolarità mainstream, ma è altrettanto facile essere surclassati da qualche altro collega.

Fotografia dello chef Anthony Bourdain mentre mangia. Vita bohémien, chef-artista.

8. Gli chef vivono una vita bohémien

Quella dello chef-artista è sicuramente questione articolata e complessa, ma possiamo concordare sul fatto che alcuni aspetti del processo creativo di uno chef esprimano una certa attitudine artistica. Non bisogna, però, farsi incantare da un'immagine stereotipata che poco ha a che fare con la realtà delle cose. Sono sicuramente esistiti personaggi come il mitico Anthony Bourdain, ma non dimentichiamoci che gli chef sono dei veri e propri imprenditori, che devono interfacciarsi con i clienti, le brigate, la stampa, i critici e i colleghi, cercando di far funzionare armonicamente i vari segmenti della loro attività: altro che la vita artistica e spensierata che ci si immagina!

9. Gli chef sono creativi

Certamente, ma la creatività di uno chef quasi mai coincide con una dote innata né con una folgorazione epifanica in cui si visualizza il piatto perfetto. Piuttosto, la creatività richiede di essere coltivata. Anzitutto, conoscendo e studiando a fondo la tradizione culinaria di riferimento (ma è bene approfondire anche altre tradizioni così da ampliare il proprio bagaglio), così come le ricette più iconiche del cosiddetto fine dining, perché soltanto acquisendo know-how ed esperienza è possibile cambiare le regole del gioco, innovare ed essere veramente creativi.

10. Tutto è già stato inventato in cucina

​Può essere, ma a nessuno è richiesto di creare qualcosa ex novo. Innovare, infatti, non significa proporre qualcosa di mai visto prima in nessuna parte del mondo – sarebbe alquanto improbabile – ma ha, piuttosto, a che fare con la capacità di utilizzare ingredienti tradizionali in una maniera del tutto inusuale, oppure rivisitare vecchie ricette secondo tecniche contemporanee, oppure ancora creare contaminazioni tra gusti e stili radicalmente opposti. Il limite, qui, è soltanto l'estro di ciascuno chef.

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